lunedì 5 ottobre 2009

L'immoralità della favola




di Alberto Crescitelli



C'era un tempo "Gaia", una gran bella città ove tutti gli abitanti potevano gioire degli eccessi dei piaceri della vita, di tanto buon vino e dei lupanari.
Situato a Nord di questa sontuosa città, vi era il borgo di Marte, un quartiere abitato per lo più da persone prepotenti e arroganti; e a Sud il borgo di Venere, i cui residenti erano lascivi e dissoluti; a Est, invece, il borgo di Mercurio, borgo dei furbi e disonesti. Ed infine a Ovest, quello della Luna: rione degli opportunisti e degli ignavi.
Al centro della bella "Gaia" dominava poi una piazza, o meglio: un Foro con un colonnato piuttosto pomposo inaspettatamente addobbato con un'ara sacrificale che, tutti gli abitanti molti anni addietro, decisero di edificare in lode a Saturno. Ed era presso questo Foro saturnino che per costumanza amavano riunirsi gran parte degli abitanti di Gaia; acciocché venissero sciorinati i diversi punti di vista al fin di "costruire" giorno dopo giorno, la cosiddetta civiltà del benessere e del piacere :

- sacrificando animali allevati in terribili stalle con cibi avariati e putrefatti; non perché costoro fossero cinici, ma perché secondo la logica "scientifica" dei mercuriali, occorreva applicare il principio del "minimo costo onde ricavarne massimo rendimento" per ottenere ricchezza, benessere e felicità!
- Sacrificando i propri figli perché, secondo la logica dei venusiani, la prole era un ostacolo alla libertà, all'autorealizzazione e ai "rapporti sociali"; d'altronde, i pargoli zavorravano inutilmente i cittadini anche ad un'ulteriore necessità: quella di procacciarsi una morale educativa da infondervi…
- Sacrificando quelle pochissime persone dabbene che tentavano invano di ostacolare la prepotenza e il cinismo dei marziani; i quali apparivano invincibili perché dirigevano con "prestigiosa autorità" proprio quegli atti volti al cosiddetto "benessere" convulso della comunità.
- Finendo per sacrificare quasi sempre poi, persino se stessi e l'integrità morale: poiché i lunatici insegnavano con il loro esempio che tutto va sempre bene se tutti, infondo, "appaiono" felici e contenti.



Così, benché gli animali soffrissero pene indicibili e gli adolescenti dell'urbe fossero divenuti tutti ubriaconi e prostitute che amavano anche torturar se stessi conficcando spilli e chiodi nelle membra, gran parte dei cittadini, gira e rigira, si ritrovavano sempre e in ogni caso soddisfatti e paghi (senza far caso, a quella sensazione di leggera ansia e panico che li avvolgeva quotidianamente) e serenamente sazi, al sorgere d'ogni Luna piena, intanto che le poche persone sensibili e buone venivano sistematicamente isolate, offese e ridotte ai margini della presunta "società dei felici".



Ma un giorno giunsero tre viandanti; che quantunque provenissero da luoghi tra loro assai distanti, per superba e gran magia si ritrovarono, all'uopo, presso le porte di "Gaia". Il primo, giungeva dalla città d'Urania; il secondo dal regno di Nettunia e, il terzo, dal mondo di Plutonia.
Quando i cittadini li videro, s'accorsero all'istante che erano persone molto insolite: poiché il loro sguardo era infinito come il cielo, profondo come il mare e penetrante come gli abissi. ...Stranamente questi forestieri incutevano timore a molti dei contradaiuoli (che non avevano mai temuto niente e nessuno), malgrado il fatto che fossero dolci e mansueti, e dalla loro bocca scaturissero parole sagge e confortanti.
Ma la cosa più insolita che ravvisarono tutti, fu, che da quando erano arrivati codesti tre viandanti in città, inspiegabilmente, sull'ara sacrificale dedicata a Saturno, divenne visibile quanto questa fosse impiastricciata di sangue: non era mai accaduto!

[Chi mai li avrà guidati qui da noi?]
[E perché?]
[Liberiamocene! Prima che sia troppo tardi!]

S'accorsero poi ancora che gli adolescenti, contestualmente alla loro comparsa nell'urbe, avevano cominciato ad uccidere le madri, i padri e il promesso sposo; e che anche gli stessi genitori, s'erano ritrovati sempre più spesso coinvolti ad assassinare la propria stirpe. Laddove gli arroganti uomini di potere avevano altresì dato inizio, a una persecuzione sistematica di quelli... come loro: probabilmente perché - pensarono i più scaltri - non v'erano più persone esemplari da tediare.
Ma fortunatamente vi fu anche molta gente che non fece caso a tutti questi prodigi infausti: poiché per essi, l'unica cosa importante, era l'assicurarsi che il salario andasse e venisse ogni mese. Avevano delle sicurezze cui pensare, costoro, altroché!



Sebbene questi tre viandanti parlassero, con chiunque incontravano in città, della necessità di divenire tutti più compassionevoli con gli animali, più generosi e attenti con i figli, e più giusti con i deboli, gli arroganti e lascivi cittadini di "Gaia" - capeggiati da quelli del borgo dei marziani - li fecero infine arrestare. Credendo, che così facendo, avrebbero senz'altro impedito le tante sciagure (invero provocate dai loro stessi abominevoli atti compiuti in passato) che occorrevano giorno dopo giorno dal loro arrivo; e sperando, tra l'altro, anche di reprimere i tumulti profondi della coscienza... dalla quale erano tormentati sempre più. Orbene quelli del borgo di Marte, i più turpi, il giorno dopo escogitarono uno stratagemma (a mali estremi…) per rabbonire e allo stesso tempo confondere il "sopraffino" volgo di Gaia a loro sottoposto: "Certo, che hanno provocato un gran bel scompiglio in città, quei tre" - confabulavano segretamente i marziani nei sontuosi palazzi presso il Foro - "facciamo indossare a quelli del borgo dei lunatici, vesti simili a quelle dei pii viandanti, e che s' imparino anche le 'filastrocche' che recitavano quei folli: dopo di che, ordiniamo loro di recarsi nei lupanari e nelle bettole… Così tutti, crederanno che si possa diventare dei 'veri probi' come siamo noi: che, pur commettendo soprusi e violenze, siamo buoni e signorili; che, pur adescando giovani e bisognosi per bassi intenti, siamo generosi e altruisti…"

Una volta messa in atto la fosca trama, decisero il destino dei tre poveretti: innanzi tutto lo fecero - com'era loro consuetudine - arbitrariamente e in "camera charitatis"… Poi, assegnarono loro ogni tipo di flagelli; fino a quando, addotti un giorno i poveri viandanti presso un tribunale popolare, emisero il verdetto: "Da quando siete entrati in città, sono capitate sciagure d'ogni tipo! Vostra è la colpa! Sacrificheremo allora proprio voi tre, per il bene di tutti noi! Sarà solo così che riusciremo a superare gli ostacoli, le maledizioni e le angosce da voi create grazie alle vostre parole e ai vostri atti: contro la 'libertà', la 'pace' e il 'piacere' che tutta la nostra prospera cittadinanza, persegue!"


Allorché il viandante giunto da Nettunia alzò lo sguardo maestoso, fissò negli occhi il presidente della giuria, e disse:

[TU IMMENSO DESERTO]*

Non hai nulla negli occhi:
arida è la tua voce,
arido il tuo sorriso,
aride le tue parole.
Sei come un immenso deserto,
una grande distesa libica:
nel desolato cammino
soccombe il pensiero.

Presa dallo sgomento, la giuria s'affrettò ipso facto a rendere immediata ed esecutiva la condanna al supremo sacrificio: facendo decapitare sull'ara saturnina per primo, il viandante che proveniva da Urania… e una gran Luce li accecò tutti, per sempre e totalmente, senza comunque compromettere la "loro" visione. Poi, quello proveniente da Nettunia: …e il mare irruppe nella città sommergendoli fino al busto (ma ciononostante, si accorsero che riuscivano a vivere e muoversi come nulla fosse accaduto). E infine, quello proveniente da Plutonia: …e la Terra Celeste si squarciò ed inghiottì definitivamente la bella e sfortunata città di "Gaia". Ma nonostante tutto - impietrirono tra sé e sé gli abitanti di Gaia - continuavano ad essere, a vivere; proprio… come se nulla fosse capitato!
Miracolo? Ma no, erano troppo scettici per credervi.
Erano esterrefatti: "Non è vero! sono sicuramente creazioni della nostra mente! Sono solo illusioni create dalle nostre paure e dalle nostre ansie; ...provocate dei quei tre insulsi!" S'affrettarono a ripetersi l'un l'altro gli abitanti di Gaia. "Orbene: scongiuriamo le parole e anche la morte di quei tre furfanti ponendoci nudi in questo benedetto Foro, e gridando tutti assieme al "nostro" mondo: amore! Amore! Pace! Cantiamo! Danziamo! Godiamo!".


Tutti fecero serenamente finta di ritornare felici e contenti. Poiché erano del tutto convinti che l'importante, fosse convincersene: una sibillina tecnica, questa, per raggiungere "certezze", che non li aveva mai traditi. E così fu. Fin qui l'immoralità della fiaba, che ci aiuta nel contemplare l'eterno giuoco duale del bene e del male, del vero e del falso: da cui solo poi, ne scaturisce l'"allegorica" morale..

Poveri e sfortunati abitanti di "Gaia". Ebbero l'opportunità di accedere alla vera comprensione dei regni di Urania, Nettunia e Plutonia… capire, per poi infine procedere a Vera vita: ma non la colsero, purtroppo. Comunque, ciò che importa a noi oggi è che non v'è alcun male per i Sublimi Mondi, se, finanche un'intera popolazione di una "gaia - quanto sozza - città", pensa d'esser vivente quando, invero, non è mai venuta manco alla Luce

5 marzo, 2003

*La lirica "Tu immenso deserto" è di Anna Racconto, mia madre.

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